Foscolo by Maria Antonietta Terzoli

Foscolo by Maria Antonietta Terzoli

autore:Maria Antonietta Terzoli [Terzoli, M.A.]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Biblioteca Universale Laterza
editore: Editori Laterza
pubblicato: 2000-07-14T22:00:00+00:00


3. La traduzione del «Viaggio sentimentale»

La traduzione del Viaggio sentimentale, uscita a Pisa nel 18137, affonda le sue radici in esperimenti più antichi, risalenti almeno al 1805. Ne è cenno nelle lettere di quell’anno a Amélie Bagien e ne sopravvive qualche pagina tra gli autografi della Biblioteca Nazionale di Firenze8. Ma di questo primo tentativo resta traccia anche nella falsa data, «Calais, 21 settembre 1805», posta in calce all’avvertimento di Didimo che apre il libro, dove si dichiara: «io lo aveva tradotto or son più anni, per me: ed oggi che credo d’avere una volta profittato delle sue lezioni, l’ho ritradotto, quanto meno letteralmente e quanto meno arbitrariamente ho saputo, per voi» (Didimo Chierico a’ lettori salute, EN V, pp. 39-40; la cit. è a p. 39). Molte lettere del Foscolo insistono sullo stesso concetto. Basti qui ricordare quella del 10 giugno 1813 a Sigismondo Trechi, ormai a ridosso dell’uscita del libro, che fornisce anche indicazioni sul faticoso impegno del traduttore: «Faccio ora stampare a Pisa il Viaggio sentimentale ch’io aveva già tradotto per me; ma dovendolo tradurre per gli altri, l’ho ritradotto, e mille volte rifatto, e lambiccato, e corretto, e ricorretto, e copiato e fatto ricopiare in guisa ch’io ci ho perduto dietro tutto il verno passato, e quasi mezzo l’ingegno»9.

Il tormentato rapporto con questa versione non ebbe fine con la stampa, se nuove correzioni figurano in un esemplare postillato in vista di una eventuale nuova edizione, ora conservato presso la Biblioteca di Storia Moderna dell’Università di Roma (cfr. Fubini 19512, pp. LI-LIII; Ep V, p. 185, nota 3). E altre varianti presentano i capitoli ristampati nel 1817, in appendice all’edizione londinese dell’Ortis. In effetti Foscolo si scontrava anche qui – oltre che con i molti problemi teorici e pratici legati all’atto stesso del tradurre – con una specifica difficoltà istituzionale: la mancanza di una lingua adatta al romanzo nella tradizione italiana. La coscienza di questa difficoltà è evidente nell’esasperata ricerca stilistica, e prima ancora linguistica, attestata dai manoscritti e dagli spogli compiuti in vista di questo lavoro sul vocabolario della Crusca (cfr. Lavezzi 1983 e 1995, pp. 850-56). La sfida è dichiarata, tra l’altro, in una lettera a Giovan Paolo Schulthesius del 31 ottobre 1812: «Trovandomi per occasione ad albergare nell’Hôtel Dessein à Calais, e a convivere con gl’Inglesi, mi posi nuovamente alla grammatica per intendere quell’autore bizzarro; e per esperimentare l’arrendevolezza della nostra lingua, volli nella mia versione letteralissima innestare le frasi tutte ed i modi di quella lingua; e parevami d’avere fatto gran cosa. Ma dopo anni parecchi m’accorsi che quella mia versione era scritta in certo gergo anglo-tosco, e che il mondo l’avrebbe meritamente disprezzata come bastarda. Però la ritradussi» (lett. 1247, Ep IV, pp. 190-93; la cit. è a p. 191; il corsivo è dell’autore). Ed è ribadita in una nota del capitolo LVIII della versione: «La lingua italiana è un bel metallo che bisogna ripulire dalla ruggine dell’antichità, e depurare dalla falsa lega della moda; e poscia batterlo genuino in



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